THE INNER WAR è il titolo della mostra aperta alla Valuart Gallery di Lugano nata dalla collaborazione tra la curatrice e giornalista Clelia Patella e la galleria Raffaella De Chirico (Torino/Milano) e vede come sponsor tecnico Valuart di Lugano che fornisce la sede espositiva e le competenze tecniche per gli aspetti digitali. La mostra si pone come fine il supporto economico a Medici Senza Frontiere, la ONLUS che ogni giorno si prende cura di migliaia di feriti e malati nelle aree colpite da conflitti, epidemie, catastrofi naturali o comunque prive di assistenza sanitaria; per questa ragione i proventi della vendita dell’intera produzione saranno devoluti a “Medici senza frontiere”. La piattaforma su cui sarà possibile acquistare è objkt.com.

Come spiega la curatrice a BeconomyTv, “lavorando sugli scatti di reportage realizzati da Manu Brabo (Saragoza, 1982), fotografo spagnolo vincitore del Premio Pulitzer nel 2013, l’artista italiano Nico Mingozzi (Portomaggiore, 1976) decostruisce e ricostruisce il concetto di crisi e di conflitto sia dal punto di vista oggettivo dei territori geograficamente devastati che dal punto di vista traslato e simbolico degli attori coinvolti”. La scelta delle immagini è frutto della collaborazione tra Brabo e Mingozzi e abbraccia paesi quali Egitto, El Salvador, Libia e Iraq e la selezione chirurgica degli artisti non poteva non includere anche Siria e Ucraina, territori abbandonati all’oblio prima del rigurgito di interesse mosso del recente terremoto (Siria) e dall’invasione russa (Ukraina). Il racconto spazia anche nell’arte digitale, allargandosi così alla comprensione da parte di un target più giovane.

Spostando l’asse semantica del termine guerra al più specifico conflitto diventa possibile, per Mingozzi, applicare una sorta di blow-up al contrario: se nel film cult di Michelangelo Antonioni (Blow Up, 1966) il fotografo Thomas, attraverso lo sviluppo e il successivo ingrandimento in camera oscura di una foto scopre la presenza di un cadavere dietro un cespuglio, Mingozzi atterra subito sull’immagine della morte, dando volume ad altre storie, di intimità e smarrimento. La narrazione di Mingozzi e Brabo pone dunque questa domanda al visitatore: qual è il vero stato d’animo delle persone coinvolte in una guerra? Che siano civili, sfollati, rifugiati o soldati, che siano dentro la guerra o che dalla guerra cerchino di fuggire, non darle confidenza – che ne siano dunque parte attiva o passiva – in ogni caso è indubbio che per soggetti al centro o nei pressi di un conflitto si scateni una seconda lotta, quella interiore. La contraddizione insita nella natura stessa della guerra, quella tra la componente bestiale e quella morale che contraddistingue l’uomo sociale, in bilico tra la ferocia e la pietà, tra l’etica professionale e quella civile, tra la rassegnazione e la speranza fanno sì che in ognuno dei soggetti coinvolti in un conflitto, quasi sempre, la crasi tra il vissuto quotidiano e la disperazione interiore, possa coinvolgere il singolo sino a portarlo sull’orlo dello stravolgimento interiore.

Il soldato è coraggioso o terrorizzato? Spietato o caritatevole? Ama combattere, o anela alla pace? E i civili, nelle loro dimostrazioni di dignità, nel loro tentativo di stare uniti e vivere nonostante tutto “normalmente”, nelle loro proteste e nei gesti eroici e resilienti, vivono realmente tutto questo con una forza interiore quasi sovrumana, o celano uno strazio più grande di quanto si possa anche solo immaginare?

I due artisti non possono dare risposte certe ma il risultato della loro collaborazione non lascia indifferenti; in mostra è messo a confronto ciò che appare all’occhio del reporter – che sa cogliere e immortalare l’istante perfetto – con ciò che traspare invece, tramite l’occhio dell’artista, il quale propone e filtra una sua personale lettura interiore di quelle immagini apparentemente intoccabili. La realtà passa al vaglio della surrealtà ed è in questo scambio visionario che alla fine del percorso, per chi osserva con attenzione, appare forse la verità.

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