Ercolano è l’unica città del mondo romano che conserva il suo antico fronte a mare e l’elevato delle case sino al secondo piano, ma anche il legno come materiale di costruzione, di arredo e non solo. Lo si deve al particolare tipo di seppellimento, causato dalle ondate di fango vulcanico dell’eruzione del Vesuvio del 79 d.C che sotto una coltre piroclastica di 20 metri di spessore ha inglobato elementi architettonici, utensili, arredi in legno che si sono carbonizzati ma non bruciati. Ecco allora la culla di un bimbo in legno, i resti di un’imbarcazione e oggetti legati alla pesca. Ma anche un tavolino ad ornamento delle domus, letti, teche, e casse di rara bellezza. E poi Porte, finestre, tramezzi, tabernacoli frutto di un lavoro artigianale realizzato con grande perizia.
L’accurata opera di restauro ha consentito il recupero di questi preziosissimi oggetti che, pur presentandosi, nella maggior parte dei casi, come legno carbonizzato, conservano, tuttavia, la loro forma originale e la raffinatezza delle decorazioni intagliate dando uno straordinario riscontro a quanto si conosce dalle fonti scritte, dagli affreschi e dai rilievi antichi e costituiscono una rarissima opportunità di ricostruire le antiche tecniche di falegnameria ed ebanisteria.
Tutti questi straordinari oggetti si possono ammirare nella mostra appena aperta alla Reggia di Portici, sede del Dipartimento di Agraria dell’Università degli Studi di Napoli ‘Federico II’ intitolata “Materia. Il legno che non bruciò ad Ercolano” che ci racconta Francesco Sirano il direttore del Parco Archeologico di Ercolano, nonché co curatore della mostra insieme all’archeologa Stefania Siano.

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