Si chiude con grandi numeri, oltre quindicimila presenze, la mostra “Il Corpo e l’idea: la Testa anatomica di Filippo Balbi” allestita all’interno della storica Certosa di Trisulti, a Collepardo, in provincia di Frosinone. Ad idearla, organizzarla e promuoverla l’Associazione Gottifredo APS di Alatri in collaborazione con il Museo di Storia della Medicina dell’Università La Sapienza di Roma, custode del quadro, che qui farà ritorno dopo il 29 ottobre. L’esposizione è stata curata dal professor Mario Ritarossi, storico dell’arte.
La Gottifredo spiega che, “tramite una formula già collaudata  nel 2018, con la Mostra Il Cristo svelato sulla Pietà di Girolamo Troppa, tesa a rilanciare gli studi sul pittore di Rocchette di Torri in Sabina, ha riproposto un’esposizione incentrata su una singola opera d’arte, con l’intenzione non solo di far conoscere a un pubblico vasto il capolavoro indiscusso di uno dei più singolari pittori dell’Ottocento italiano, ma anche per svelare i significati ancora inesplorati del quadro dipinto nel 1854 ed esposto all’Esposizione Universale di Parigi dell’anno successivo”.

Ma ad animare la Certosa di Trisulti e ad omaggiare la Testa anatomica di Balbi sono state soprattutto le scuole. Dal 5 agosto al 29 ottobre a visitare il “pictor egregius” che espresse la sua arte per molti anni tra la Certosa di Trisulti, Collepardo e Alatri, sono stati l’Istituto Maccari di Frosinone, dai Licei artistici Bragaglia di Frosinone e di Sora Simoncelli fino all’Accademia di Belle Arti della città capoluogo.
Grande successo anche per la mostra parallela allestita in una parte dell’antica abbazia in cui l’opera è stata rivisitata con l’intelligenza artificiale in un suggestivo viaggio. Una Camera delle visioni, dove attraverso l’immersione e il multimediale, si prova a scoprire cosa c’è dentro la Testa Anatomica di Filippo Balbi e nei pensieri intimi dei corpi che la compongono.

E il 2023, non c’è dubbio, sarà ricordato come l’anno della testa anatomica di Balbi. Non solo il restauro e la grande mostra ma ecco arrivare il Leone d’oro: il lancio del dipinto è planetario con la citazione della sua immagine nel film vincitore al Festival del Cinema di Venezia Poor Things di Yorgos Lanthimos, che ne conferma il fascino misterioso e la perenne vitalità artistica.

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