Prosegue l’analisi di Graziella Giangiulio – condirettrice di AGCNEWS, agenzia giornalistica di analisi internazionali, geopolitiche, geoeconomiche, sulla guerra tra Israele e Hamas dal punto di vista economico geopolitico ed economico. Nella sua rubrica Geotweet. Il mondo che verrà in 140 secondi riassume la situazione – Gaza sotto assedio, e cinque i punti in cui l’esercito israeliano ha deciso di chiudere la Striscia per dividere il nord dal sud – ricordando le parole di Nasdrallah, il leader di Hezbollah, nel suo discorso di venerdì 3 novembre, il cui nodo è: aspettate un mese e vedrete cosa accadrà.

Nel frattempo su indicazione di 300 economisti il gabinetto dei ministri israeliano ha approvato un piano di compensi per gli imprenditori: si tratta di un programma di sovvenzioni per garantire il funzionamento regolare delle imprese con i lavoratori autonomi che saranno esenti dal pagare l’iva. Basterà questo ad Israele per non vedere crollare la sua economia interna? Non lo sappiamo. Ma sappiamo che l’indice di Borsa di Tel Aviv è il più basso dal 2020. Certo è che gli investitori stanno fuggendo e Israele rischia di diventare un Paese instabile.

E poi c’è l’effetto provocato dalla guerra su combustili ed energia. La questione, si sa, è la logistica. Ma qual è il rischio più grande? E’ quello di rendere instabile la via di trasporto dal Canale di Suez, uno dei punti dove molte navi transitano per far arrivare il petrolio anche verso l’Unione europea e lo Stretto di Hormuz in Iran che collega il Golfo Persico con l’Oceano Indiano.

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